due giorni su
Da anni pensavo al massiccio del Sella con un’idea fissa: salire dalla parte del Campolongo, attraversando la parete che tante volte guardiamo quando andiamo a sciare sul Boè e sul Vallon, e ridiscendere verso Corvara attraverso la Val Mezdì, fatta anni fa con gli sci ma mai d’estate a piedi.
Primo giorno
Per ottenere un giro interessante in termini di km e dislivello lasciamo la macchina a La Villa e da lì risaliamo in direzione Valparola lungo i sentieri 11 e 18.
Fondamentale tappa di ristoro a Malga Valparola: un posticino incantevole dove servono le uova all’occhio con la pancetta direttamente nella padella e il formaggio fatto con il latte delle mucche che pascolano lì intorno.
Da Passo Valparola il sentiero 24 ci porta poi verso il rifugio Pralongià (dove avevamo prenotato qualche giorno prima).
Al termine della tappa registriamo 18,5 km con un dislivello positivo di 1.050 mt: un buon riscaldamento in vista della tappa successiva.
Secondo giorno
Partiamo dal Pralongià dopo una colazione degna di un ottomila, non di un tremila, ma tant’è: la giornata sarà lunga e avremo tempo per digerire 🙂
Scendiamo verso il passo di Campolongo lungo il sentiero 24 e poi per la sua variante 3, stupendo sottobosco con un toboga in discesa che ci fa sognare la mountain bike.
Dal passo decidiamo di risalire subito dalla parte opposta lungo la pista da sci che d’inverno riporta verso Corvara chi arriva da Arabba. Vista dalla parte opposta durante la discesa al passo non sembrava particolarmente ripida, invece è una rampa verticale che ci fa sudare non poco.
Al rifugio Bech de Roches, nella stazione a monte dell’impianto di risalita, studiamo bene la cartina: dobbiamo capire quale sia il percorso migliore per andare verso il Piz Boè, ma non è facile capire non avendo esperienza diretta. Scegliamo di puntare verso il massiccio risalendo lungo il sentiero 637, e dopo qualche scambio di informazioni con alcuni turisti inglesi scegliamo per continuare verso il Piz lungo il 638. La salita è decisamente impegnativa ma il panorama è incredibile: la Marmolada ci tiene costante compagnia sul lato sud del nostro cammino.
Alla fine mi fa molto effetto vedere il ghiacciaio alla mia altezza, dopo averlo osservata così dal basso…
Alla Capanna Fassa, in cima al Piz, non sono particolarmente gentili. Sarà forse l’altitudine (3.150) oppure la quantità di gente (vorrei quasi dire un numero simile…)
Ci fermiamo giusto il tempo di un tè e prima di ripartire abbiamo modo di verificare che non tutti gli abitanti del rifugio risentono dell’altitudine (o della moltitudine, il dubbio resta).
La discesa per il 638 verso il rigugio Boè è uno spasso, i ghiaioni che ricordavo (avevo fatto in passato due volte la Dolomiti Skyrace) sono ancora tutti lì ed è un vero godimento uscire dalla traccia del sentiero e buttarsi giù dritti facendo tre metri ad ogni passo.
Al rifugio Boè chiediamo rassicurazioni in merito alle condizioni del sentiero della Val Mezdì. Il tizio della baita ci guarda e si mette a ridere, non prova nemmeno a discutere e ci augura direttamente buona corsa. La prima parte del sentiero 651 però è tutt’altro che una passeggiata: il fondo della valletta è ricoperto di neve ghiacciata e l’unico modo è scendere lungo il sentiero attrezzato che percorre la parete qualche metro più su. Non siamo alpinisti, e si vede: ci mettiamo un po’, cercando soprattutto di non fare stupidaggini…
La Val Mezdì è molto lunga, e a tratti anche molto divertente: si attraversano nevai dove si riesce a fare qualche “sciata” scivolando con le scarpe sulle tracce di quelli passati prima. La parte finale è nuovamente impegnativa perchè il passaggio si stringe e la valle diventa un torrente a fianco del quale è ricavato un passaggio di continui tornanti.
Una volta fuori siamo in località Colfosco e ci restano 4 o 5 km di fondo valle per raggiungere Corvara e poi La Villa.
Alla fine della seconda giornata abbiamo percorso 24,5 km e 1.300 metri di salita. I numeri non sono particolarmente significativi, soprattutto se pensiamo a quello che dovremo fare tra qualche settimana, ma la difficoltà del percorso non può essere trascurata.
E comunque, a parte tutto, è stata una delle più belle “gite” in montagna che abbia mai fatto, e questa è la cosa che più mi sembra rilevante 🙂
Per la cronaca c’è stato poi un terzo giorno: dopo essere rientrati in serata a Valle di Cadore, il giorno successivo, nonostante il brutto tempo, siamo riusciti ad “infilarci” in una finestra di quasi sereno per fare un “salto” alla cappella di S.Dionisio, verso il rifugio Antelao passando per il Costapiana. Percorso molto più corribile e agevole, e alla fine comunque 22km e 1.050mt + a completare tre giorni che, almeno secondo le nostre gambe, sono stati tutt’altro che una passeggiata…
AMEN.
Namasté