Mumbai marathon 2012 - Ready to go

Ready to go

Mumbai marathon 2012

Strade deserte e sgombre. Umido e polveroso al tempo stesso. In molti cercano la partenza, ma non è facile capire dove andare. La maggior parte degli indiani risponde se gli si parla in inglese, ma spesso non si capisce cosa dica, e soprattutto non si capisce se abbia capito cosa tu gli hai detto.

Arriviamo al via che sono tutti già partiti. Nel mezzo del gruppone vediamo di tutto: donne in sari e adidas, sikh con il turbante, gente che cammina (tantissimi).

“sono già partiti, cazzo !” È così che saluto Tite invece che con il solito bacio. E inizio una gimkana aggressiva e molto poco zen con la quale, alla fine del primo km, mi trovo già completamente solo. Il GPS scandisce in quel momento il passaggio in 4:04. Capisco che la pagherò, non so ancora che la pagherò in dollari: 500 per la precisione. Ma andiamo con ordine.
I primi 7 km, lasciata l’imponente Victoria station, ci portano sul lungomare, nella zona degli alberghi di lusso, con una camminata che non ricorda certo l’India, se non fosse per i mendicanti che ancora dormono sulle panchine.

Odori, suoni e immagini. Profumo del mare, sabbia umida, urina, fiori, qualche clacson (ancora pochi in verità), i gruppi musicali che iniziano a scaldarsi, le scope delle donne che spazzano le strade. Lo fanno solo loro, forse perché, essendo più piccole, evitano più facilmente i mezzi che solitamente NON rallentano, ma suonano il clacson. Si capisce subito appena si arriva, il clacson qui non sottintende pensieri osceni all’indirizzo della madre del destinatario, come accade da noi. Qui è proprio un mezzo di comunicazione, una conversazione tra i suonanti per chiarire chi passa e chi no, quando passa, da che parte passa.

Entriamo in una zona residenziale. Intorno alle poche botteghe variopinte di ciarpame difficilmente descrivibile si ergono ville un tempo certamente sontuose, ora decadenti. Siamo nella zona della casa di Ghandi visitata il giorno prima.

Il percorso di gara sale, ci aspetta un km e mezzo piuttosto impegnativo. É una zona molto popolosa, la gente in strada é molta ed é una vera festa, con gruppi musicali che suonano e ballano. Un gruppo in sari gialli e arancioni é così bello che vorrei fermarmi.

Tutto questo distrae e aiuta, ma non risolve: l’umidità é già altissima sebbene sia ancora notte, il mio top giallo e la gonna turchese (in tinta con il cappello, mi piace curare i dettagli in gara) erano già madidi di sudore dopo il terzo km, e ho da un pezzo capito che non sarà una gara facile, e non sarà neppure un buon tempo. L’obiettivo é cambiato: la parola d’ordine ora é “sopravvivenza”.

Scolliniamo, e inizia la discesa. C’é più gente ora. La moto suona. Gli odori sono meno marcati, i cani pochi e non magrissimi, la gente vestita. Vedo banche, concessionarie d’auto, negozi quasi normali.

Al termine della discesa cambia tutto, siamo nuovamente sul mare e intorno a noi baracche che dire fatiscenti é poco. I cani hanno perso metà del peso, la gente indossa solo pochi stracci logori, la moto suona, i bambini accovacciati a terra nella polvere si fanno la doccia usando un catino d’acqua. Preferisco non domandarmi come sia quell’acqua…

Arriva il sealink, il ponte modernissimo che collega il centro della città con la zona nord. Nella mia carreggiata non c’é nessuno, a parte un corridore molto più avanti. C’è anche la moto, ma non suona (beh, ci mancherebbe: non c’é veramente nessuno).

La corsia sud invece é uno spettacolo: é partita la mezza maratona nel frattempo, e gli oltre ventimila iscritti sono tutti lì sul ponte. Quando passo mi festeggiano, mi incitano, corrono con me.

Mumbai marathon 2012 - Arrivo

Mumbai marathon 2012 – Arrivo

La moto non suona, si é fermata. Quando arrivo riparte. Comincio a farmi delle domande, su quella moto che mi scorta, e su quella gente che mi incita con un’enfasi inusuale.

Al termine del ponte siamo a metà gara, e nuovamente nelle baracche, ancora più misere delle precedenti. La gente é festosa e mi incita con entusiasmo, gli odori preferisco ometterli. La città si è svegliata e inizia a brulicare. La moto suona, ma anche tutti gli altri suonano.

Poco dopo capisco il senso della moto: il percorso della maratona, che nella seconda parte ripercorre al contrario quello dell’andata, coincide con quello della mezza, e la moto inizia il suo lavoro: suonerà incessantemente fino al km 42, facendomi largo tra la gente. Il passeggero é seduto al contrario e mi indica di seguirlo (macheca… dove vuoi che vada, vorrei dirgli…)

Quindi é chiaro che la moto é lì per me, e d’altra parte é chiaro anche che mi trovo nelle zone “alte” della classifica, perché continuo a non vedere nessuno. La domanda é: sono il primo “veteran” o sono la prima donna ?

Il giorno prima, al ritiro dei pettorali, avevo cercato di sistemare le cose: mi avevano erroneamente attribuito la F sebbene io avessi scritto M nella form di iscrizione (ovviamente influenzati dalla foto del passaporto, chiaramente femminile) e mi avevano “cacciata” nel corral D nonostante con i miei tempi (documentati) avrei dovuto avere la A.

Situazioni di questo tipo accadono spesso ad una persona transgender come la sottoscritta, ma solitamente mi basta spiegare per mettere a posto le cose (per inciso il mio aspetto é al tempo stesso femminile e maschile, ma nei miei documenti la M chiarisce ogni eventuale dubbio).

Qui però avevo subito capito che non c’era verso, un meccanismo complesso come quello della macchina organizzativa di una maratona internazionale richiede anni per andare a regime, e loro sono solo all’inizio. E l’opzione “transgender” presente, con grande segno di civiltà, tra le opzioni di sesso nella form di richiesta del visto indiano sembra in realtà molto meno presente nella testa delle persone, che accettano e non creano difficoltà, ma sembrano davvero non capire.

La moto comunque rimane sempre troppo lontana per cercare una comunicazione, del resto non mi porto mai il clacson in gara e quindi non saprei come richiamare la  loro attenzione. E poi le mie energie sono ridotte al lumicino, devo risparmiare tutto ciò che posso perché so che ne avrò bisogno fino alla fine, così proseguo cercando di tenere la mente sgombra e un ritmo decente ma pagando, come mi aspettavo, l’inizio davvero troppo tirato. Ma forse sono solo scuse, in realtà la gara é davvero tosta e a quanto pare, nonostante il tempo un po’ alto (3:16) non sembra neppure essere andata così male.

Taglio il traguardo unendo le mani nel gesto tipico del namaskarasana, che é una cosa che amavo già prima di arrivare in India, e adesso ancor più: significa “possa la luce che è in te illuminare la luce che è in me”… la trovo stupenda. Mi aspetto anche di capire il vero motivo della moto, ma i due sono spariti e nessuno mi dice nulla, quindi rimarrò nel dubbio fino alla pubblicazione delle classifiche,

Classifiche che trovo nel corso del lunedì, e che spiegano tutto: sono 17 in classifica generale (esclusi i top runner  ovviamente) e prima del genere F, che non era stato corretto.

Dopo aver scritto una mail di chiarimenti, cerco di capire quale sIa la mia posizione nella mia categoria “veteran” M e scopro così che, per meno di due minuti, manco il terzo posto e la possibilità di unire il mio premio a quello di Tite, che diventa prima “veteran” F dopo la rettifica, e che, se tutto andrà come dovrebbe, destinerà la bella e meritatissima vincita ai bambini indiani.

Namastè

YogaXrunners after the race

YogaXrunners after the race


Gallerie di foto del nostro viaggio: