Cuba, Havana

Cuba e il Pico Turquino

“ABBANDONATE I PRECONCETTI, O VOI CHE ENTRATE”
avviso che dovrebbe essere posto al terminal degli arrivi all’aeroporto dell’Avana.

Ser culto ser libre

Ser culto ser libre

Album fotografici

20 Aprile – Havana

Il finestrino del taxi, una Lada del 56 gialla nera e ruggine, scende obliquo come succedeva una volta. La manovella è dura da muovere, a metà corsa si blocca. Dallo spiraglio entra l’aria umida e calda dei sobborghi intorno all’aereoporto, la stessa aria che imbratta i vetri dell’auto e i sedili in similpelle traforata, ma il traforo è involontario, più che un traforo è una ragnatela di tratagli dovuti all’uso, protratto nel tempo oltre ogni ragionevole limite progettuale.

Havana, Cuba

Havana, Cuba

Sprofondate e incollate in questi sedili attaccaticci e sfondati iniziamo ad inquadrare così le vie e i palazzi di Havana, cercando una linea interpretativa, una chiave di lettura per tutte le assurde incoerenze che iniziamo a vedere intorno a noi. A distanza di quasi un mese mi esce la definizione che cercavo: non siamo nel 2013, siamo nel 1965 con 48 anni di invecchiamento.

Vado a pescare dal mio taccuino gli appunti dei primi due giorni:

  • a Cuba circolano 2 monete, il peso (CUC) e il peso cubano (CUP). 1 CUC corrisponde a 1 $, ma attenzione: nel cambio c’è una tassa statale del 10% che non si paga se si cambiano valute diverse dai dollari. Il CUC è la moneta ufficiale dei turisti e l’unica con cui si possono pagare beni e servizi di tipo internazionale. Per il mercato “interno” esiste invece il peso cubano (CUP). Servono circa 25 CUP per fare 1 CUC.
    In questo modo Cuba risulta per noi molto cara, mentre per i cubani molti beni sono praticamente inaccessibili: una birra costa circa 2 CUC quando lo stipendio medio “ufficiale” va dai 10 ai 50 CUC al mese…
  • non c’è davvero nulla in giro, bisogna portare con sè quello che serve, anche il tè ad esempio… perfino trovare acqua è difficile.
    Havana, scaffali vuoti

    Havana, scaffali vuoti

    Nei servizi pubblici la carta igienica, quando esiste, viene consegnata personalmente da un addetto, in comodi tagli da 6 o 8 fogli. In compenso si trova Rhum ovunque, in particolare alle stazioni di rifornimento lungo le strade….

  • in albergo la stanza è rigorosamente non fumatori, ma a Cuba fumano tutti lo stesso. Il posacenere in vetro è un fondo di bottiglia che sembra messo lì apposta per essere rotto, infatti lo rompo spostando una valigia. Ci costerà circa 20 CUC. Con l’aiuto del posacenere cominciamo così a prendere la misura dei meccanismi locali
  • cena memorabile a La Guerida, sul set di Fragola e Cioccolato.
    Havana, La guerida

    Havana, La guerida

    Lo spettacolo dal terrazzino dove si trova il nostro tavolo è unico, abbiamo Havana sotto di noi. Vista da lì sembra una città che ha appena subito un bombardamento, solo che dalle finestre delle case distrutte e cadenti, dopo l’imbrunire, iniziano ad accendersi le luci… (65 CUC)

  • l’auto è stata prenotata e pagata dall’Italia, ma passiamo comunque la mattinata per ritirarla e “metterla su strada”. Le procedure sono fumose e laboriose, pagine e pagine di carte a caratteri minimi dove sono scritte cose che nessuno ci dice… come scopriremo alla riconsegna !
  • il tizio del noleggio prima di salutarci ci raccomanda di non arrivare a Trinidad tra le 19 e le 20, e di non andarcene tra le 7 e le 8 di mattina. Fatichiamo a capire, si esprime in una lingua incerta di cui abbiamo padronanza parziale (come lui del resto). Sembra comunque che ci stia parlando di un elevato rischio foratura a causa dei granchi, ma ci resta qualche dubbio perché oltre ad avere scarsa padronanza di lingue straniere è anche un pessimo disegnatore…

21 Aprile – Havana > Trinidad

Iniziamo a prendere contatto con le strade cubane, ma l’inizio è fuorviante: l’autovia verso est è una enorme struttura a 4 corsie per senso di marcia, 172 km dove siamo noi, altre 7 auto, diversi carri con cavalli, alcuni camion e qualche bus. Non esistono neppure aree di servizio, e quando la fame comincia a farsi sentire troviamo fortunatamente un banchetto lungo la strada dove per 2 CUC facciamo una fantastica scorpacciata di frutta (banane, mango, guajaba) e prendiamo un panetto, incartato in carta oleosa, simile alla cotognata sia nella consistenza che nel colore, ma dall’inebriante sapore di guajaba.

L’autostrada finisce e ci aspettano altri 160 km di strada extraurbana, le corsie sono solo due ma il traffico continua ad essere minimo e ci iniziamo a domandare se chi ci aveva descritto strade impossibili non avesse esagerato. Non esagerava, ma lo scopriremo solo qualche giorno dopo…

Abbiamo nuovamente fame, con le banane e il mango non si dura molto. Troviamo una madre con due bambini lungo la strada, hanno in mano un cesto di banane e ce lo vendono per 1 CUC. Sono meravigliose. Sia le banane che loro, intendo…. La madre ci guarda e ci chiede se le regaliamo uno shampoo o del sapone per la bambina… ci sembra impossibile sentire una domanda del genere, è quello che succedeva trent’anni fa nei paesi dell’est, quando si partiva con scorte di calze di nylon da regalare o vendere… lasciamo loro quello che possiamo, qualche boccetta a metà, alcuni campioncini. Non abbiamo molto, ma lei ci ringrazia felice.

A circa trenta km da Trinidad capiamo che il disegno dell’addetto del noleggio rappresentava veramente un granchio, non ne avevamo preso uno noi: CANGREJOS, GRANCHI VERI! Alla Garcìa Marquez, in puro stile Realismo Magico, invece di piovere uccelli come in Cent’Anni di Solitudine, la strada improvvisamente si trasforma in un tappeto di corazze arancioni sminuzzate: sono le scie di granchi che dal mare risalgono la foce del fiume e attraversano la strada. Una strage. I resti di qualche granchio lungo il ciglio della strada ci danno l’idea di quanto enormi possano essere questi esseri, davvero spaventosi. Nei giorni successivi capiremo meglio che negli orari che ci erano stati segnalati questi enormi granchi si spostano nell’entroterra per depositare le uova, e questo è il motivo per cui il rischio di foratura è molto elevato. Ma non è solo questo l’elemento che stupisce. L’altro è che non ci troviamo in riva al mare: intorno a noi ci sono solo montagne e il mare si trova ad almeno 5km… se torno a Cuba devo assolutamente andare a verificare come cavolo faccia un granchio, per quanto enorme, a fare 5km nel bosco!

Trinidad

Trinidad

All’entrata di Trinidad ci viene incontro un ragazzo in bicicletta che ci informa che ci sono problemi sulla strada poco più avanti, e ci chiede dove siamo dirette. E’ un hinetero (truffatore) e l’intera storia è descritta con dettagli incredibilmente realistici (identici a quello che stiamo vivendo) a pagina 151 della nostra preziosissima Lonely Planet. Purtroppo Tite è arrivata appena a pagina 150, quindi non sappiamo ancora che si tratta di un costume locale altamente diffuso e consolidato. Quando riusciamo a sbarazzarci di questo furbastro io sono un po’ allarmata, temo che possa reagire. Tite minimizza, ma questo è il secondo errore e ci è fatale: ci allontaniamo dalla macchina per qualche minuto, e al nostro ritorno la gomma posteriore destra è a terra.

Spettatori del cambio gomma a Trinidad

Spettatori del cambio gomma a Trinidad

C’è un gruppetto di gente intorno e un tassista ci guarda e ridacchia. Gli chiediamo se ha visto qualcosa, ovviamente non ha visto nulla. Ridacchia ancora, ma è gentile e si offre di aiutarci. Rifiutiamo l’aiuto, sospettando che possa essere amico dell’altro e che l’aiuto potrebbe essere molto salato. Del resto non mi serve aiuto, ma lui mi guarda molto perplesso. Probabilmente si sta ancora domandando come mai una donna europea bionda possa essere stata capace di cambiarsi da sola la gomma della macchina parcheggiata sotto il sole a 30° in poco più di dieci minuti.

Cambio gomma a Trinidad

Cambio gomma a Trinidad

Mentre armeggio intorno all’auto sudando molto (e imprecando un po’) mi domando come abbia fatto il ciclista a forare la nostra gomma, che del resto sembra integra. Non credo sia così semplice forare un pneumatico, poi vedo: la gomma non è forata, il furbastro ha semplicemente incastrato un sassolino nella valvola sgonfiando in un attimo la gomma, me ne accorgo perché quando la prendo in mano questa sta ancora “esalando” i suoi ultimi “respiri” e questo mi fa notare il sassolino (stimo che questo mi permetterà di risparmiare circa 10CUC e un’oretta buona di attesa quando andrò dal gommista per la riparazione).

22 Aprile – Trinidad

Ad una settimana esatta dalla maratona di Boston decidiamo che è ora di muovere un po’ le gambe. La nostra insostituibile Lonely Planet suggerisce una breve escursione lì vicino, quindi andiamo in macchina verso il Parco di Topes de Collantes, 15 km a nord di Trinidad.

Sentiero Caburnì

Sentiero Caburnì

Il sentiero Caburnì scende dai 650 metri di quota fino a 250. Il percorso è bellissimo, una passeggiata sub-tropicale su un tracciato di terra rossa che attraversa la foresta e un affascinante gruppo di formazioni rocciose stratificate. Alla base del sentiero raggiungiamo un’ampia piscina naturale con un’imponente cascata. Il caldo è soffocante e il rinfresco è un vero sollievo, anche se Tite e io sembriamo di due specie diverse: a me basta sciacquarmi viso e braccia per stare bene, Tite invece inizia a fare vasche nella piscina naturale condividendo il piacere con un gruppo di russi schiamazzanti che nel frattempo è arrivato.

Il ritorno all’auto è semplice perché la salita è ripida ma corta, tuttavia la temperatura e l’umidità molto elevate innalzano leggermente il grado di difficoltà… almeno fino a quando uno scroscio tropicale non provvede a diminuire istantaneamente di almeno 15° la temperatura nostra e dell’ambiente intorno a noi. Ripariamo sotto ad una tettoia e mentre ci domandiamo come mai uno scroscio tropicale stia durando decine di minuti invece che pochi istanti cominciamo a sentire freddo… dopo l’inverno allucinante dal quale siamo da poco uscite, il freddo è veramente l’unica cosa che abbiamo sognato di NON trovare in questo viaggio… e invece eccoci lì, ancora una volta a tremare sotto la pioggia battente.

Passa davanti a noi un ragazzotto spavaldo che pensa di essere spiritoso dicendoci “è solamente acqua”. Dieci minuti dopo la pioggia cala leggermente quindi ripartiamo, decidendo di correre per scaldarci subito. Superiamo di slancio il ragazzotto di prima, io lo guardo e pareggio il conto: “è solamente salita…”

Nel pomeriggio vorremmo fare l’altra escursione del parco, ma la pioggia continua e lasciamo perdere. Arrivando a Trinidad la scena del giorno prima si ripete: un ciclista viene verso di noi sbracciandosi per fermarci, sempre con la scusa dei lavori sulla strada. Lo supero accelerando e guardo le sue reazioni nello specchietto: ha perfino il coraggio di arrabbiarsi e di fare brutti gesti al nostro indirizzo…

23 Aprile – Trinidad – Holguin

Holguin, car washer

Holguin, car washer

Ci attendono poco più di 450 km di strada. I primi 350 sono davvero ottimi, i rimanenti sono davvero pessimi. Attraversiamo molti paesi e paesini dove i mezzi di trasporto più comuni sono le biciclette e i carretti trainati da cavalli o buoi. I carretti hanno le ruote di vecchie auto, così sono più scorrevoli e silenziosi. Progresso.

Il viaggio risulta piacevole, sono per la maggioranza zone agricole dove notiamo ordine e pulizia. Rispetto ad Havana e Trinidad, ad occhio e croce non siamo nel 1965, siamo proprio indietro di un secolo. L’impressione è che qui la gente viva veramente con poco, ma molto meglio che nelle città. Santa Clara ci attira, abbiamo la sensazione che meriterebbe una sosta, ma abbiamo ancora troppi km da fare e non sappiamo cosa troveremo, quindi tiriamo dritto.

Arriviamo ad Holguin verso le 18, abbiamo appuntamento con Maurizio, un romano amico di amici che ha scelto da tempo di vivere a Cuba insieme alla moglie Eliana e ai figli. Maurizio è preziosissimo per noi perché ci aiuta nella pianificazione della parte più “succosa” del nostro viaggio e ci presenta il suo amico Emigdio, ingenere ciclista abitualmente accompagnatore di pedalatori tedeschi. Emigdio sarà nostra guida nei successivi quattro giorni e si rivelerà pedina di riferimento fondamentale, oltre che ottimo compagno di viaggio e grande fonte di conoscenza “non filtrata”.

Cuba, Holguin

Cuba, Holguin

Di Holguin vediamo poco, del resto non sembra una città molto attraente. Raggiungiamo in macchina la casa particular dove ci fermeremo per la notte, e per cena usciamo per raggiungere casa di Maurizio dove siamo ospiti. Strada facendo vediamo un banchetto di fiori e decidiamo di portare a Eliana un mazzolino di qualcosa. L’operazione si rivela complicatissima, il fiorista e il suo assistente si gettano a capofitto in un’operazione interminabile al termine della quale ci consegnano uno striminzito bouquet rosso e arancione. Il risultato è alquanto mediocre ma Eliana non se lo aspetta e lo apprezza molto.

Holguin - 20 minuti per un mazzetto di fiori (vedere espressione Tite)

Holguin – 20 minuti per un mazzetto

Dopo cena pongo a Maurizio e a Emigdio una domanda che non vedevo l’ora di fare: “provate a farci capire un po’”, chiedo, “vediamo condizioni di vita disastrose, fame e miseria ovunque, eppure la sensazione è che Fidel sia amato, non odiato… come stanno realmente le cose ?”. Ovviamente è una domanda per rispondere alla quale si potrebbero scrivere interi libri, ma è interessante e istruttivo ascoltare le versioni di Maurizio e di Emigdio, che non sono esattamente concordi su tutto… al termine della serata ne sappiamo ovviamente ancora poco, ma cominciamo a farci qualche idea in più.

24 Aprile – Holguin – Villa S.Domingo

Partiamo da Holguin verso le 12, dopo aver cambiato valuta e fatto il pieno all’auto. Ci attendono circa 120 km ma non sono esattamente come quelli fatti fino a lì: Emigdio siede dietro, nel mezzo, e nel ruolo di navigatore mi aiuta ad individuare le continue insidie della strada: improvvise ed enormi voragini nell’asfalto, ciclisti dall’andatura incerta, attraversamenti di mucche, capre e maialini a seguito di scrofe troppo lente per una strada asfaltata (o quasi) e frequentata (amche) da auto.

Cuba, Bayamo

Cuba, Bayamo

Ci fermiamo per pranzo a Bayamo, dove abbiamo appuntamento con un addetto di agenzia turistica specializzato in escursioni sul Pico Turquino, la nostra destinazione. Esistono due sentieri per raggiungere la vetta, uno sale dal mare a Las Cuevas, l’altro parte dal centro della catena montuosa, in località Santo Domingo. Noi vorremmo fare il percorso completo e parliamo con lui di ciò che abbiamo in mente, ma lui frena i nostri entusiasmi: quello che vogliamo non si può fare, la strada per raggiungere il mare sul lato opposto del monte è devastata, in ogni caso per fare tutto il percorso servono almeno tre giorni e via dicendo. Alla fine decidiamo che sembra più sensato raggiungere la base di S.Domingo e da lì vedere come organizzare l’escursione, e così facciamo.

La strada per Santo Domingo è pessima (cominciamo a capire che in questa parte dell’isola è una costante), quindi arriviamo verso le 17. Il parco è già chiuso ma ci sono ancora le guide con le quali iniziamo a valutare le possibilità. Ci accordiamo per partire con la nostra guida (senza non si può andare, la guida è obbligatoria) all’apertura del parco e quindi l’appuntamento è per la mattina dopo alle 7:30.

Sulla strada per Santo Domingo

Sulla strada per Santo Domingo

Mentre stiamo prendendo accordi con la guida capo un giovane intraprendente inizia a ronzare intorno a noi con occhio interessato. Ha l’aria sveglia, anche troppo, quindi all’inizio siamo sospettosi e non gli diamo molta retta: l’esperienza di Trinidad ha allarmato le nostre barriere difensive. Non lo sappiamo ancora, ma in realtà questo Alexis si rivelerà fondamentale: potremmo chiamarlo non il “nostro uomo all’Avana”, ma il “nostro uomo a Las Cuevas”. Infatti quando scopriamo che si tratta del figlio del gestore di una casa particular sull’altra sponda del torrente gli diamo un po’ di attenzione e cominciamo a parlare con lui: scopriamo che ha capito benissimo cosa vogliamo e si dichiara disposto a darci una mano, proponendosi come autista per accompagnarci la mattina successiva, con la nostra macchina, al punto di partenza dell’escursione, e quindi per venirci a recuperare dalla parte opposta, appunto a Las Cuevas. Dichiara di conoscere la strada perfettamente, di avere il tempo di fare tutto il giro e di aver già fatto altre volte lo stesso “lavoro”, anche se mai nel corso della stessa giornata. Abbiamo qualche perplessità: in macchina dovremo lasciare le nostre valigie e buona parte della mia attrezzatura fotografica, tuttavia consideriamo che quella è l’unica concreta possibilità che abbiamo per realizzare il nostro progetto originale: compiere l’intera traversata del parco naturale. Quindi incrociamo le dita e ingaggiamo Alexis.

Per la cena e la notte ci sono due possibilità, e la più vicina è anche quella che ci attira di più: sul lato opposto del torrente, raggiungibile solo camminando sui grandi massi dello stesso con gli zaini in spalla, c’è una sorta di accampamento. Si tratta di Casa Sierra Maestra, la casa particular gestita dal padre di Alexis e organizzata per dare ospitalità agli escursionisti del Parco. Non c’è bagno in camera, ma è una cosa che lì non disturba: siamo a così ravvicinato contatto con la natura che tutto sembra, anzi è, assolutamente naturale e armonico. E comunque nell’unico bagno/doccia disponibile c’è tutto quello che eventualmente può servire, addirittura luce e carta igienica. Durante la semplice ma ottima cena si unisce a noi Marianna, una giovane ragazza inglese che ha lasciato a casa il fidanzato italiano per farsi un bel viaggio di un paio di mesi in giro per il Sudamerica. Marianna è una vera sportiva (si vede) e decidiamo di condividere una parte della camminata del giorno dopo.

Ci ritiriamo presto e il sonno arriva con facilità, disturbato solamente dalla voce di Emigdio che ha trovato una coppia di escursionisti tedeschi e per un paio d’ore allena il suo tedesco. Il clamore sale mentre la birra scende.

25 Aprile – Pico Turquino

Mappa Pico Turquino

Mappa Pico Turquino

La classica prova di resistenza e forma fisica per un giovane cubano è sempre stata quella di attraversare tutti i “Picos” più alti di Cuba in una volta sola: Pico Joachin, Pico Turquino (1972m), Pico Cuba (1820) e Pico Cardero (1265).

Le guide più avventurose come la Lonely Planet preventivano “2 o 3 giorni” per percorrere l’intero percorso dalla montagna (alto de Naranja) al mare (Las Cuevas). Contando e ricontando: 13km +1.800m al Pico Turquino; 11km -2.800m per scendere…ho segnato sulla carta 6 ore. Ce ne abbiamo messe 7 (dalle 8am alle 16pm, con 30+30 minuti di sosta per il nostro amico ciclista ma poco runner).

Santo Domingo, pronti a partire

Santo Domingo, pronti a partire

La partenza effettiva è per le 8:15 da località “Alto del Naranjo”. Il punto di partenza si raggiunge con una strada asfaltata che definire ripida sarebbe fuorviante. Nella guida si legge che il trasferimento è fatto con i fuoristrada delle guide; in realtà Alexis, il nostro uomo a Las Cuevas, usa la nostra macchina per traghettare da Santo Domingo anche gli altri componenti del gruppo: Marianna l’inglese e i due tedeschi chiaccheratori della sera precedente. E’ chiaro che fanno economia di risorse, in tutti i sensi: due giri con la nostra macchina e un’unica guida per tutti.

Pico Turquino

Pico Turquino

Con un’estensione di 23210 ettari, è parte integrante della Sierra Maestra. I suoi maggiori valori sono le vette più alte di Cuba, associate a una ricca storia e a formazioni vegetali uniche. L’alto grado di flora e fauna endemiche e la bellezza dei suoi paesaggi fanno di questo Parco un luogo esclusivo per te e per le generazioni future

Partiamo in gruppo, ma la storia dura poco: la guida rimane subito indietro insieme ai due tedeschi rallentati dallo zaino enorme e dalla pancia anche. Marianna è contenta di staccarsi e di continuare con noi, le piace la nostra andatura allegra. Emigdio non è un runner ma è abituato a lunghe pedalate in bicicletta ad oltre 30°, soffre un po’ ma rimane indietro solo di qualche minuto; ogni tanto facciamo una pausa fotografica e il nostro selezionato gruppetto si ricompatta.

Teatro des Nubes

Teatro des Nubes

Teatro di Nubi. Eccoci in un punto che è come un palco di un immenso teatro. Se siete fortunati, potrete godere della sua funzione, perché i suoi orgogliosi attori si svelano solo in una giornata che brilla in tutto il suo splendore e il sipario di nubi si apre e allora possiamo ammirare il maestoso Pico Turquino, la nostra più alta cima, contornata dalla sua corte di giganti.

Il primo punto di appoggio si trova a 8km dalla partenza, dopo circa 600 metri di dislivello positivo. Il sentiero è molto agevole e curato, tranne nei punti in cui sbagliamo traccia e ci infiliamo in quella dei muli. Per rendere l’idea della forma che prende un sentiero tropicale fangoso percorso solo da muli basta pensare alla forma del mulo visto da dietro: due zampe esili che sostengono una bella, abbondante e tonda panciona, in pratica un single track dove non si riescono ad appoggiare i due piedi, e con due pareti strette che arrivano alla vita… e poi non ci mettono i gradini, ai muli.

Rifugio e punto di

Rifugio e punto di “appoggio” (???)

Il punto di appoggio è una sorta di rifugio dove ci hanno promesso cibo e acqua, ma è decisamente troppo presto: i nostri rifornimenti sono stati spediti con i suddetti (muli) e devono ancora arrivare. Ci dicono che dobbiamo aspettare ma noi non siamo molto d’accordo. Si scatena un concitato dibattito radiofonico con la base a valle nel corso del quale i due addetti continuano a rubarsi di mano il microfono scambiandosi frasi che non capiamo ma che assomigliano molto a considerazioni poco qualificanti all’indirizzo delle reciproche capacità cerebrali. Non riusciamo a capire se le madri ne restano fuori.

Alla fine riusciamo ad ottenere almeno quattro bottigliette d’acqua. Siamo leggermente preoccupati dalla mancanza di cibo: dopo quello che avevamo pagato per il “servizio” completo (guida + cibo + acqua) avevamo tralasciato di portare con noi cibo di emergenza, ma mancano solamente 4 o 5 km alla vetta e poi sarà tutta discesa; acqua ne abbiamo a sufficienza, per cui non indugiamo oltre.

Loma del Leon

Loma del Leon

Loma del Leon – Mi vedi nuda di alberi, è l’uomo e i suoi incendi. Recuperarli mi è difficile, ora devi aiutarmi conservandola come la vedi. L’erba che mi ricopre facilita altri incendi. MASSIMA PREACUZIONE!

Lungo la salita al Pico Turquino incontriamo per la prima volta una guida in senso contrario. Sta scendendo ma è affaticato e sudatissimo. Ci chiede dov’è la nostra guida e dove stiamo andando. Gli spieghiamo che non vediamo la nostra guida da oltre due ore e che stiamo andando a Las Cuevas. Ci guarda stupito, ci chiede se siamo sicuri di voler viaggiare con il buio e se abbiamo le lampade frontali con noi. Ridiamo, gli diciamo che contiamo di essere giù dopo pranzo e lui evidentemente ci prende per due pazze.

Ormai manca poco

Ormai manca poco

Ti è sembrato lungo il cammino fino a qui? Ma è ora che inizia la salita! RIPOSA E PROSEGUI

Arriviamo alla cima poco dopo le 13. Ci hanno garantito la presenza dell’altra guida, quella che dovrebbe accompagnarci verso valle, ma ovviamente non c’è nessuno. Purtroppo il cielo è coperto e siamo a quota 2.000, quindi non fa caldissimo e non possiamo godere di uno scenario che immaginiamo potrebbe essere spettacolare: siamo nel punto più alto di Cuba, al centro del parco naturale all’interno del quale Fidel si nascose per anni, riorganizzando da lì quella rivoluzione destinata a cambiare la storia del Paese.

Dagli appunti di TITE: Con i suoi 1972m di altezza il Pico Turquino domina le altre vette cubane e le acque azzurre dei Caraibi e deve il suo nome alla sfumatura turchese che tinge la parte superiore dei suoi ripidi versanti. Ammantata da una rigogliosa foresta nebulare e protetta all’interno di un parco nazionale di 140kmq., la cima è abbellita da un busto di bronzo dell’eroe nazionale José Martì.

José Julian Martì Perz (1853-1905) non era un uomo comune. Filosofo, rivoluzionario e scrittore, pioniere in ogni ambito, Martì allargò il dibattito politico di Cuba al di là della questione della schiavitù (abolita nel 1886) a temi come l’indipesenza e, soprattutto, la libertà. La sua prosa, facile da citare e da ricordare, continua ad essere una forza unificatrice dei cubani di qualunque credo e religioso e politico, ed è altrettanto apprezzato in tutto il mondo ispanico per il suo internazionalismo, che lo avvicina come importanza a Simón Bolívar. Gli scritti di Martì sono di tutti i generi, saggi, romanzi, poesie, commenti politici e lettere e anche una rivista per nambini, La Edad de Oro. Fu un maestro dell’aforsma e le sue affermazioni …lapidarie sono ancora presenti in molti modi di dire attuali. Le sue opere più famose sono Nuestra America e Veros Sencillos, entrambe espressioni delle sue speranze e sogni per Cuba e per l’intera America Latina.

Pochi sanno che sia la statua che il trasporto e il montaggio sono opera tutta femminile! Infatti Jilma Madera è l’autrice ma soprattutto fu eroicamente trasportata fino alla cima nel 1953 da una giovane e da suo padre per celebrare il centenario della nascita di Martì, apostolo dell’indipendenza cubana. La stessa giovane, Celia Sanchez, tornò sulla vetta quattro anni dopo, ma questa volta in compagnia di un Fidel Castro con tanto di mitra al collo, facendo da guida ad un giornalista americana della CBS che era lì per intervistare castro. Poco tempo dopo l’esercito ribelle stabilì la propria base operativa all’ombra della montagna, in cima ad un crinale protetto da alberi nei pressi di La Plata. Oggi, dallo stesso punto di partenza del trekking per il Pico (Alto de Naranjo) si può, in direzione opposta , seguire un semplice sentiero di 5km con 750m disl. che conduce al quartiere generale di Castro, la “Comandancia La Plata”. (fonte: Lonely Planet)

Ci dedichiamo comunque alla celebrazione fotografica del momento, e aspettiamo i nostri amici: Marianna arriva una decina di minuti dopo, e a qualche minuto segue Emigdio che è sudato fradicio, stanco a felice. Dividiamo tra tutti un pezzo di pane che Marianna provvidenzialmente ci offre, e iniziamo a salutarci prima della ripartenza: Marianna torna al punto di ristoro per la notte, mentre noi proseguiremo in direzione mare. Mentre stiamo per partire arriva Octavio, la guida promessa. Pensava di essere in largo anticipo e così si era fermato più in basso ad attendere che il tempo passasse… lo perdoniamo istantaneamente appena ci offre quattro meravigliosi mango che divoriamo con emozionata avidità. Chissà perché Octavio ci piace subito.

Noi con Martì

Noi con Martì

Scarsi come i monti sono gli uomini che sanno guardare da essi e provano sentimenti nazionalistici, o di umanità.

Iniziamo quindi la discesa di 11km che ci porterà a Las Cuevas, per un dislivello negativo che a fine giornata, a forza di salire e scendere, registrerà 2.700 metri. Ancora una volta il sentiero è impegnativo per la pendenza e il fondo, ma curatissimo: nei punti più impervi non mancano gli appigli per le mani e le zone più ripide sono interamente lavorate a gradoni. Questo rende la discesa forse più lenta e muscolarmente impegnativa, ma tutto sommato agevole.

Pico Turquino, baracca dei sorveglianti

Pico Turquino, baracca dei sorveglianti

Nel corso della discesa facciamo due soste impreviste quanto gradite. La prima arriva una mezz’ora dopo l’inizio della discesa, quando già l’effetto “mango” inizia ad esaurirsi: raggiungiamo una baracca dove vivono due sorveglianti che ci offrono zuppa di ceci, crostini di pane e una spettacolare tisana d’erbe di montagna. Sarà la fame, ma è tutto buonissimo.
La seconda sosta, altrettanto provvidenziale, arriva quando siamo verso quota 500 e il caldo si sta facendo sentire da un po’: raggiungiamo una stazione biologica dove una signora e la sua bimba ci offrono un frutto mai visto, delizioso e dissetante: la Guanàbana
L’arrivo a Las Cuevas è spettacolare, negli ultimi 2 km il caldo diventa equatoriale ma il sentiero si apre sulla scogliera in un punto in cui il mar dei Caraibi bagna questa zona di Cuba praticamente disabitata.

In arrivo a Las Cuevas

In arrivo a Las Cuevas

Il punto di arrivo del sentiero, che si trova in riva al mare, è a sua volta attrezzato come punto d’appoggio per gli escursionisti, così possiamo finalmente rinfrescarci e dissetarci a dovere. Alexis ovviamente non è ancora lì, arriva strombazzando circa un’ora dopo, convinto di essere in largo anticipo. La cosa non ci sorprende: ormai abbiamo capito che ai loro occhi eravamo prima pazze e ora marziane. Ma quelli da rivedere sono i loro parametri, non i nostri…

Il vero incubo inizia comunque a quel punto: per arrivare a Santiago ci aspettano 160km di strada costiera letteralmente distrutta dal passaggio di diversi uragani e da un unico, continuo… tormentone di nome Castro.

Guida Alexis, sostiene di conoscere benissimo la strada e che noi possiamo rilassarci. Rilassarci ??? Parte a tutta birra zigzagando come Alonso quando scalda le gomme, e continua a manetta evitando per un soffio buche e crateri. In prossimità delle voragini e dei ponti crollati si ferma, ma solo perché vogliamo scattare qualche foto per testimoniare quello che a voce non riusciremmo a spiegare: sembra un tratto di costa bombardato da non più di tre giorni, non ci sono neppure segnalazioni di pericolo per i punti peggiori…

La

La “strada” per Santiago

Nelle zone dove le voragini sono meno frequenti il fondo è più regolare, ma è simile a quello delle mulattiere di montagna. Alexis sottopone la meccanica cinese della nostra auto ad uno stress test che andrebbe filmato ed usato a scopi promozionali. Non posso dire che guidi male, anzi guida davvero bene, in modo sicuro e rilassato. Forse troppo. O forse doveva togliersi gli occhiali da sole. O parlare meno dei suoi figli e della sua vita. Forse l’unica cosa che non ci racconta è che l’ultima corriera da Santiago parte alle 19:30… fatto sta che confonde un macigno con un’ombra e ci finisce dentro in pieno.

Gomma esplosa sulla strada di Las Cuevas

Gomma esplosa sulla strada di Las Cuevas

La macchina salta come un gommone nel mare agitato e la ruota anteriore destra esplode letteralmente. Fortunatamente il masso, più grande di un pallone da calcio, rotola verso l’esterno e l’auto non ci finisce sopra. Il danno è notevole, l’impatto ha fatto rientrare la gomma fino al cerchio e sullo stesso si vede il segno dell’impatto. In quel punto la gomma mostra uno squarcio di 4 o 5 cm. Penso subito che la storia ci costerà una fortuna: l’assicurazione copre tutti i danni tranne quelli alle gomme e qualunque gommista serio si rifiuterebbe di riparare un danno simile. Ma siamo a Cuba: Alexis e Emigdio ci rassicurano, si può riparare.

Montiamo quindi la ruota di scorta e proseguiamo ad andatura decisamente più tranquilla, del resto non abbiamo più ruote di scorta e ci mancano ancora 70km, non possiamo rischiare.

A Santiago lasciamo Alexis, che si offre di farsi carico del costo della riparazione della gomma. Concordiamo di scalare 10 CUC al suo compenso, ben sapendo che se non sarà riparabile la spesa sarà ben diversa, ma non ce la sentiamo di infierire: Emigdio gli fa una lavata di capo parlandogli di senso di responsabilità e di servizio al cliente… Alexis è solo un po’ “mona”, come diciamo noi in veneto, ma non è un cattivo ragazzo… se ne va con le orecchie basse, ho l’impressione che la prossima volta ci penserà due volte in merito all’andatura da tenere.

In città Emigdio ci propone di fare scalo al Melia, un albergone all’americana. Una struttura imponente e colorata, costruita in un mix di stili in parte caraibico e in parte orientale. E’ decisamente caro, ma il giorno successivo Emigdio dovrà girare per la città per trovare una soluzione al problema della gomma e consideriamo che quella piscina enorme e decisamente invitante sarà un posto ottimo per aspettarlo, quindi confermiamo.

La struttura è in “ottime condizioni”, ossia invecchiata con un minimo di stile; nella maggior parte dei casi invece le strutture vanno dal decadente al degradato, più che invecchiato. Nella grande hall troneggia un annuncio a caratteri cubitali: “ATENCION AL CLIENTE”. Tite e io ridiamo vedendola, vorremmo aggiungere sotto “POTREBBE ARRABBIARSI”.

Il tutto comunque per una volta regge, è evidente che di lì passano parecchi soldi; a cena cominciamo a farci l’idea: nell’enorme sala da pranzo vediamo numerose tavolate di turisti di diverse nazionalità, ma anche un discreto numero di coppie composte invariabilmente da giovani signore troppo vistose e da anziani signori troppo panciuti.

26 Aprile – Santiago – Baracoa

Santiago de Cuba

Santiago de Cuba

Il giorno dopo in piscina ci dedichiamo con Tite allo studio di questo fenomeno che andremo a soprannominare “la pesca del tordo”. Nella piscina semideserta, mentre ci dedichiamo ad un po’ di jogging acquatico che ci rilassa i muscoli (ma ci brucia collo e spalle) captiamo “involontariamente” scampoli di conversazione di codeste discutibili coppie. E’ triste dirlo, i tordi sono per la maggior parte italiani, mentre le ragazze ripropongono in modo stucchevolmente palese schemi comportamentali evidentemente tramendati da generazioni e consolidati nel tempo. Trovo il tutto di una tristezza unica.

La giornata scorre velocemente tra lettura, tuffi in piscina e studio della pratica della “pesca del tordo”. Verso le 16 Emigdio ci raggiunge trionfante, è riuscito a sistemare la gomma che ha rimesso al suo posto come gomma di scorta, come gli avevo chiesto: non avrei avuto la coscienza tranquilla se avessimo deciso di rimettere quella gomma al suo posto originale, magari con lo squarcio all’interno. Probabilmente non se ne sarebbe accorto nessuno, ma la sicurezza ne avrebbe risentito pesantemente e i miei sonni anche.

Partiamo quindi alla volta di Baracoa, e tanto per cambiare il viaggio non sarà una passeggiata: sono circa 250km che ci portano prima verso Guantanamo e l’omonima base americana e poi a seguire la Caretera Central de Cuba attraverso una zona montuosa molto spettacolare.

Quando arriviamo a Baracoa è ormai buio, e siamo tutti frullati dal numero incalcolabile di curve incontrate negli ultimi 55km. Ci lasciamo prendere dalla pigrizia e accettiamo il consiglio di Emigdio che ci indirizza verso una casa particular di un amico. Anche troppo, particular… E’ troppo tardi per protestare ma la casa è la più brutta in cui ci sia capitato di fermarci, sebbene sia pulita. La mattina dopo mando Emigdio a vedere la nostra stanza: torna mortificato e ci chiede scusa, non pensava fosse così brutta. E se lo dice lui!

27 Aprile – Baracoa e El Yunque

Comunque la sosta è breve, perché alle 10 siamo già in macchina: il menu del giorno prevede la terza escursione della nostra scorribanda in terra cubana, la salita a El Yunque. Anche in questo caso la guida è obbligatoria e dovrà essere pagata. Lungo la strada (anche se “strada” è ancora una volta una parola grossa) che ci conduce al punto di partenza Emigdio incontra una guida che già conosce. In verità anche se non l’avesse conosciuta probabilmente non sarebbe cambiato molto: abbiamo già notato che dopo il primo scambio di battute i cubani sembrano sempre amici da una vita, quindi non si capisce mai bene…

Accordi per El Yunque

Accordi per El Yunque

Tra tutte le guide che ci sono capitate Daniel è quello più bizzarro: gli altri calzavano scarponcini di pelle dall’aspetto vagamente militare, lui invece è attrezzato con un paio di CROCS bianche che sembrano essere parte integrante del suo piede. Inizia la salita baldanzoso, azzardando un’andatura che sembra decisamente troppo sostenuta per la sua pancia. Dopo pochi minuti inizia a rallentare pensando di aver chiarito le posizioni, e infatti sono chiarissime: lo superiamo tutti, con Emigdio che comincia a prenderci gusto e si mette a corricchiare. A metà della salita ci fermiamo ad un meraviglioso baracchino dove per un paio di CUC possiamo godere di tutta la frutta desiderata, tagliata e servita all’istante.

Mentre stiamo per ripartire arriva Daniel stravolto, ci chiede un attimo, beve, si stende (accascia) su una panca. Quando gli diciamo che vorremmo ripartire ci guarda perplesso, si batte il petto, e ci dice “il mio cuore, ma lo sapete che ho 48 anni…”. “Che culo, gli rispondiamo, sei più giovane di noi…”
A quel punto di arrende: “ok, vi aspetto qui, tanto dovete ripassare perché ll sentiero è questo…”

Riprendiamo. Emigdio ha deciso simpaticamente di provocarmi, si mette a correre e guadagna qualche metro. Non ho voglia di sfiancarmi e lo lascio andare, ma dopo un po’ il mio spirito agonistico reagisce e vado a riprenderlo. Ormai però ci ho preso gusto e continuo con andatura “da gara” fino alla cima. Da queste parti non sono molto abituati a vedere gente come noi e le reazioni dei pochi che incontro sono decisamente spassose. Compresa quella di Daniel quando torniamo a riprenderlo, non crede che siamo arrivati tutti e tre fino a su, dobbiamo mostrargli le prove fotografiche.

Guadino

Guadino

La seconda parte dell’escursione è spettacolare: con una camminata di altri 15 minuti, e guadando un torrente in piena con acqua ben oltre la vita (ma deliziosamente calda), raggiungiamo un’imponente cascata e una piscina naturale di dimensioni generose. Un tuffo nell’acqua quasi tiepida, due bracciate e un bagno di sole sdraiate sulle rocce sono un regalo inaspettato e graditissimo.

Il trasferimento finale della giornata per una volta non è devastante: sono solo 20km, anche se a 15km/h di media è già un viaggio. Decidiamo di non fermarci per pranzo perché a differenza di quello della sera prima la struttura dove siamo diretti è garantita. Questa volta Emigdio aveva ragione, arriviamo in un piccolo villaggio di proprietà dell’esercito (infatti l’organizzazione è quasi militare) composto da bungalow in legno veramente belli, grandi e accoglienti. Siamo alle soglie del parco naturale Alejandro de Humbolt e si vede, la natura è spettacolare, anche se il mare turchese è troppo agitato per risultare fruibile.

Spiaggia a nord di Baracoa

Spiaggia a nord di Baracoa

Il “sergente” in servizio ci accoglie gentilmente e decidiamo di tamponare velocemente la fame con un bel piattone di frutta (una vera costante del nostro viaggio) e chiedendo la cena per le 18:30. Non c’è problema ovviamente, per le caserme sono orari normali.

Mentre attendiamo la cena immergendoci nella lettura in riva al mare, all’ombra di due enormi palme, non possiamo non notare il “garzone” del posto. Il ragazzo è un vero “tuttofare”, porta valigie, spazza viali, serve a tavola e si arrampica in modo spettacolare sulle palme per recuperare noci di cocco il cui succo ci viene offerto ancora tiepido di sole. Notiamo che fa tutto questo con un’efficienza e una dedizione insolite, ma soprattutto cogliamo nei suoi occhi e nel suo portamento una fierezza da principe. Alla prima occasione indaghiamo, e la sua storia ci commuove. E’ laureato in geografia ed è insegnante, ma per arrotondare i conti e dare da mangiare ai suoi figli aiuta lì facendo un pò di tutto. E’ una cosa che non dovrebbe e non potrebbe fare, e per questo motivo è molto attento a non farsi notare, non è previsto che parli con gli ospiti e la cosa potrebbe avere per lui conseguenze spiacevoli. Alla fine gli lasciamo una buona mancia, prodotti per il corpo e le medicine che Tite aveva portato con sè. Ci ringrazia, schivo e commosso. I suoi occhi ci seguono silenziosi mentre ci allontaniamo, mi sembra di vederli ancora.

28 Aprile – Baracoa > Holguin

Tanto per cambiare, l’ultimo trasferimento del nostro viaggio sarà ancora massacrante: circa 240km, i primi 45 dei quali, fino a Moa, su una strada larga come una provinciale a due corsie, ma con il fondo di una mulattiera in cattive condizioni. 40km che richiedono oltre due ore di guida fatta di continue deviazioni alla ricerca della traiettoria “migliore”.

Moa, impianti di nickel

Moa, impianti di nickel

Quando arriviamo a Holguin abbiamo il tempo di fare sosta nell’albergo più grande della città, darci una rinfrescata e cenare nel risorante principale, che in realtà è un self service dall’aspetto inquietante (anche l’aspetto del cibo è inquietante, in verità).

Completiamo le operazioni del giorno riconsegnando la macchina (con le dita incrociate per la storia della gomma) e prendendo il volo notturno per Havana, dove il giorno dopo avremo modo di dedicarci ad una seconda visita fotografica della città prima di imbarcarci, in serata, nel volo per Milano.

Prima di partire per Havana salutiamo Emigdio, che vive ad Holguin e quindi si ferma lì. Lo ringraziamo per tutto, per la compagnia, per la simpatia e per la disponibilità. Aggiungiamo una piccola mancia al suo compenso, e in relazione agli stipendi ufficiali il tutto è un piccolo patrimonio, ma ormai abbiamo capito che esiste un intero universo sommerso fatto di mercati neri e di attività parallele di cui, da fuori, si vede davvero poco. Emigdio è stato anche una preziosa fonte di informazioni, ma per gli tutti approfondimenti del caso (compresa la storia dei granchi) dovremo tornare… ed è così che ci lasciamo con lui, con un caloroso arrivederci.

Note finali di Tite

Ha ragione l’autore della guida regina dei globetrotter, la Lonely Planet, il libro che più descrive la “magnificenza ammuffita” di Cuba, terra di contrasti estremi, di immobilismo ed epifanie, è l’”Ulisse” di J. Joyce: con molti strati sovrapposti, la sintassi scardinata come l’urbanistica, difficile da afferrare, spesso frainteso ma, nonosante tutto, un classico.
Tuttavia consiglierei un LIBRO SU CUBA, anzi 2, il 1° dal punto di vista “occidentale”, il 2° da un punto di vista “cubano”:

  • Roberto Coracci: A Est dell’Avana su Amazon
  • Alberto Eliseo Informe contra mi mismo su Amazon
LIBRETA DE ABASTECIMIENTO, cioé “tessera di approvvigionamento”, è per 3 persone, mensile. Per ogni persona/mese comprende (indicativamente)
riso circa 2,5 kg
fagioli circa 500 gr
zucchero bianco 1,4 kg
zucchero grezzo di canna 1,4 kg
latte: 1 lt al giorno fino ai 7 anni e a partire dai 65
12 uova
mortadella 0,5 kg
patate/banane circa 7 kg
olio di girasole 0,5 lt
caffè circa 400gr (ma non è caffè puro)
sapone 1 e dentifricio 1

Lonely Planet su Jose Marti : “José Julian Martì Perz (1853-1905) non era un uomo comune. Filosofo, rivoluzionario e scrittore, pioniere in ogni ambito, Martì allargò il dibattito politico di Cuba al di là della questione della schiavitù (abolita nel 1886) a temi come l’indipesenza e, soprattutto, la libertà. La sua prosa, facile da citare e da ricordare, continua ad essere una forza unificatrice dei cubani di qualunque credo e religioso e politico, ed è altrettanto apprezzato in tutto il mondo ispanico per il suo internazionalismo, che lo avvicina come importanza a Simón Bolívar. Gli scritti di Martì sono di tutti i generi, saggi, romanzi, poesie, commenti politici e lettere e anche una rivista per nambini, La Edad de Oro. Fu un maestro dell’aforsma e le sue affermazioni …lapidarie sono ancora presenti in molti modi di dire attuali. Le sue opere più famose sono Nuestra America e Veros Sencillos, entrambe espressioni delle sue speranze e sogni per Cuba e per l’intera America Latina.” (pag 504)

Auto d'epoca a l'Havana

Auto d’epoca a l’Havana

Auto d’epoca – queste affascianti auto d’epoca, anche se in condizioni pessime, possono avere costi proibitivi. Possono andare dai 13.000 ai 15.000 CUC, ma a questi spesso bisogna aggiungere il costo di un motore ricondizionato. Questi motori rincondizionati sono dei Toyota diesel venduti a 6.000 CUC ma senza garanzia alcuna di funzionamento…