Dopo oltre vent’anni di agonismo nella corsa e nel trail running mi ritrovo sulle ginocchia oltre 55.000 km e oltre un milione di metri di dislivello positivo (e i corrispondenti in negativo, ovviamente). Non posso quindi lamentarmi se il mio corpo ha iniziato a mandarmi qualche chiaro segnale, e sono segnali che sono convinta sia bene ascoltare.

La fatica, il sudore, lo sforzo e anche la sfida sono tutte componenti che però hanno fatto parte della mia vita per tantissimi anni, e se posso trovare un modo per provare ancora quel certo tipo di emozioni ne sono felice. Ovviamente gli anni passano, e i parametri di conseguenza vanno rivisti: rallentare – e magari cambiare qualcosa – come ricetta alla poco attraente alternativa di smettere.

E’ quindi con questo spirito che ho iniziato, a gennaio, a riprendere in mano la mountain bike.
Amo il fuoristrada impegnativo e duro: lo facevo con la moto trent’anni anni fa, l’ho fatto per mezza vita di corsa, farlo in bicicletta mi pareva la cosa più ovvia e naturale.

La bici muscolare ha però dei limiti evidenti, specialmente se non hai più vent’anni (e nemmeno 30, 40 o 50): il rapporto tra la fatica e il piacere è svantaggioso in modo sconfortante. Alla fine, se non hai uno stimolo agonistico importante a sostenere la motivazione, le salite troppo lunghe o troppo ripide diventano, semplicemente, una rottura che tendi ad evitare. Purtroppo però tutti i giri “selvaggi” che amavo fare prima in moto e poi a piedi, e che voglio ora fare in bici, comprendono tratti di questo tipo, e l’alternativa è quella di limitarsi a sterrati e argini: no grazie, a quel punto lascio stare.

Dopo qualche mese di gironzolamento muscolare per sentieri berici ho noleggiato infine, per fare una prova, una buona e-bike: mi si è aperto un mondo! Un mondo realmente diverso: questa è davvero una di quelle cose che non puoi giudicare fino a quando non la provi, e devi provarla bene.

Contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, la bici elettrica non va avanti da sola: la componente elettrica spinge (con intensità regolabile su diversi livelli) in proporzione alla spinta che insiste sui pedali, quindi alla fine sono sempre la gamba e il cuore a fare la differenza. E, a meno di illegali modifiche, oltre i 25km/h il sistema elettrico si stacca automaticamente, e si continua in modo assolutamente muscolare (ma con ruote artigliate e più grosse e con un mezzo che pesa 25kg o più). Nelle ciclabili, e negli sterrati in pianura, mettendoci un certo impegno posso viaggiare tra i 26 e i 30km/h: così posso raggiungere le zone dove iniziano i sentieri risparmiando totalmente la batteria, ma senza risparmiare assolutamente la giusta dose di lavoro fisico.

E poi inizia il vero godimento: le salite si percorrono a velocità decisamente maggiori, e in pianura e in discesa il peso, le gomme, le sospensioni, i freni e la struttura solida del mezzo danno sensazioni che a volte si avvicinano più a quelle della moto da enduro che a quelle della bicicletta. Servono un po’ di uscite per capire come usarla al meglio, e a quel punto il divertimento è massimo. E la fatica? Quella dipende da te, come sempre: ma se hai voglia di impegnarti, e se vuoi che la batteria duri abbastanza per stare fuori per ore, allora non c’è dubbio che ci devi mettere del tuo, e non poco.

Alla fine quello che accade è questo, che nelle due ore che decidi di stare fuori fai la stessa fatica che facevi con la bici muscolare (ma senza i picchi eccessivi di quest’ultima), e percorrendo il doppio di strada. E con divertimento doppio.

Un’ultima riflessione riguarda i “muscolari” che incontro – e che spesso, specialmente in salita, supero: cerco sempre di rivolgere loro un saluto – come facevo quando incrociavo un altro runner – e penso sempre che, se non sanno bene come funzioni una e-bike, tendano a mandarmi un po’ al diavolo. Sono certa che non sappiano che, se saluto con un filo di voce, è solo perchè nemmeno io ho fiato per parlare di più, o meglio…